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ISBN 9788872414118
Anno di pubblicazione 2001
"L'handicap in una scuola delle relazioni e delle competenze"
Integrazione alza il proprio sipario dando voce – e presenza (esistenziale e culturale) – a due dei tanti protagonisti dell’antico e sempre inedito “copione” intitolato ai processi formativi: l’infanzia in situazione di handicap e la scuola (a partire da quella dell’infanzia e da quella di base).
In particolare, si rivolge agli insegnanti di “classe” e a quelli di “sostegno” che vivono quotidianamente l’impegnativo ma anche affascinante incontro professionale con allievi colpiti da minorazioni fisiche e/o ritardi mentali, per richiamare la loro attenzione sui pericoli crescenti di cui sono portatori quei programmi scolastici che – dietro la “falsa” bandiera delle antropologie etniche nazionali – accendono sempre più disco-verde al sorgere di mentalità monoculturali. Cioè a dire, aprono le porte a microuniversi etnocentrici, viziati da indifferenza e/o intolleranza nei confronti delle culture-altre: del soggetto handicappato, ma anche delle “diversità” culturali tout-court: minoranze linguistiche nazionali, antropologie europee ed extracomunitarie. Quale effetto notte provocherebbero curricoli scolastici monoculturali nei confronti di chi è colpito da menomazioni di natura fisica e psichica. Un effetto disastroso, perché il soggetto in situazione di handicap verrebbe derubato del sacrosanto diritto acquisito – con la Legge 517/1977 (e poi con la Legge 10/1/1990) – ad un “integrale” e “compiuto” percorso di istruzione con l’universo dei suoi pari nella scuola di tutti. Se venisse “scippato” del diritto a frequentare la scuola di tutti, all’handicappato non resterebbe che la via senza ritorno del “parcheggio”, sotto le ben note etichette delle scuole speciali o delle sezioni “S”. Per questo, Integrazione porterà un proprio contributo di “idee” pedagogiche e di “pratiche” didattiche per aiutare gli insegnanti della scuola di base a “dribblare” ogni tentazione monoculturale. Parimenti, Integrazione richiamerà l’attenzione delle agenzie extrascolastiche intenzionalmente educative (la famiglia anzitutto, e poi gli enti locali, l’associazionismo, la chiesa) perché promuovano diffusamente tra le loro pareti una consapevole mentalità multiculturale. Facendo dei loro luoghi affettivi ed etico-sociali teatro di recita di un’infanzia “colorata”, che indossa abitualmente l’eccezionale grembiule di Arlecchino delle fasce deboli: per “disavanzo” culturale (le nuove povertà sociali), per “diversità” culturale (le etnie degli immigrati comunitari ed extracomunitari), per “ritardo” culturale (i portatori di handicap).
2. Fare scuola con l’handicap
La scuola, in particolare, è chiamata a prendere consapevolezza del ruolo nevralgico di cui è titolare per una precoce divulgazione di una mentalità aperta alla molteplicità delle culture. Come dire, la scuola rappresenta la sede di prima iniziazione ad una pedagogia dell’infanzia colorata: pronta ad accogliere-rispettare-valorizzare i diversi volti antropologici degli allievi.
In questa direzione, la scuola può offrirsi da eccellente clinica didattica di decondizionamento etnocentrico: smacchiando e azzerando quelle prime formazioni di stereotipi (pregiudizi, assiomi, dogmatismi) che non di rado trovano omologazione nei “media” di massa: stampando in negativo, nel bambino, le identità delle “diversità” culturali.
Per espugnare l’obiettivo del decondizionamento etnocentrico la scuola dovrà preliminarmente archiviare il suo modello formativo tradizionale, chiuso e isolante nei confronti dell’ambiente “esterno”: una scuola che fa dell’aula-classe uno spazio “autarchico” di alfabetizzazione, della lezione-lavagna-quaderno il tridente didattico egemone, e dell’ambiente antropologico esterno il proprio “antagonista” culturale.
Riposti nell’armadio questi scheletri didattici ossificati e senza volto, la scuola – inaugurando un modello pedagogico aperto, fondato sulla ricerca d’ambiente e l’uso dei laboratori – potrà efficacemente contribuire alla diffusione di un’educazione multiculturale, capace di condurre poi ai confini delle frontiere interculturali e transculturali.
Scuola aperta, scuola della ricerca d’ambiente e scuola dei laboratori configurano un modello “alternativo” di scuola a nuovo indirizzo in grado di assicurare totale ospitalità pedagogico/didattica all’allievo in situazione di handicap.
Due sono le bandiere dell’infanzia colorata ponte sul più alto pennone di una scuola di base a nuovo indirizzo (e che farà in “serra”, da protagonista, nella Rivista Integrazione).
Prima bandiera. La scuola a nuovo indirizzo mette in discussione la “delega-in-bianco” storicamente assegnata alle stanze accademiche (universitarie: dove si progetta solo a tavolino!) nella formalizzazione/legittimazione dei modelli educativi in campo scolastico.
Al contrario, il modello a nuovo indirizzo consegna alla “pluralità” dei soggetti esistenziali e istituzionali (gli allievi, gli insegnanti, la scuola militante, le agenzie extrascolastiche e i centri di ricerca pedagogica su campo) il compito di formalizzare il modello scolastico (di socializzazione-apprendimento) capace di tenere conto della complessa rete di variabili che interagiscono nel “fare-scuola” quotidiano: compreso il fare-scuola con l’handicap.
Seconda bandiera. La scuola a nuovo indirizzo propone un modello formativo dotato di ricche cifre metodologiche.
Non predica “mete” cognitive ed etico/sociali prescrittive e assiomatiche, non fa uso – drogandosi – di pillolari e ricettari didattici. Suo compito è quello di assicurare complessità, polivalenza e problematicità ai processi di istruzione ed educazionali della scuola nonché quello di proporsi da luogo formativo dallo stile sperimentale (attento e rispettoso, sempre, delle “variabili”: cioè a dire, delle diversità!). Una scuola a nuovo indirizzo quale sede di esperienze culturali e didattiche scientificamente accreditate e affidabili per potere condurre in porto una “zattera” dell’istruzione tenuta per le vele, anche, dall’infanzia in situazione di handicap.
3. Integrazione: un edificio a tre piani
Integrazione intende offrire agli insegnanti della scuola di base materiali di riflessione e di lavoro distribuiti in tre Sezioni.
Prima Sezione (Identità e cultura). Il suo obiettivo è quello di scattare più flash di introduzione al dibattito sui problemi della “diversità” culturale, delle politiche istituzionali dell’integrazione scolastica, del raccordo formativo tra scuola e agenzie extrascolastiche (a partire dalla famiglia), nonché sui risultati più avanzati della ricerca scientifica in campo psicopedagogico, biomedico, alimentare, et al. Queste “istantanee” sui punti caldi del triangolo handicap-cultura-formazione vogliono essere degli “input” pedagogici che rimandano a specifici approfondimenti garantiti da un puntuale sostegno bibliografico.
Seconda Sezione (Fare scuola con l’handicap). Il suo obiettivo è quello di proporre agli insegnanti materiali di lavoro (culturali e didattici) “specifici” per una situazione di classe con “interazione”. Quindi, strategie didattiche (proposte di programmazione-sperimentazione, di individualizzazione dell’insegnamento-apprendimento, di lavoro di gruppo e di ricerca d’ambiente di verifica-valutazione) e strumenti del fare-scuola (di osservazione, di interazione, di acquisizione disciplinare, di progetto interdisciplinare, et al.) molto elastici e flessibili: in grado di assicurare “protagonismo” didattico all’insegnante di sostegno e di raccordarsi con le offerte terapeutiche e riabilitative dei centri specializzati del fuori-scuola Asl, Associazionismo, Enti locali, ecc.).
Terza Sezione (La “tasca” del territorio). II suo obiettivo è quello di dare voce sia alle esperienze di “integrazione” condotte nella scuola di base, sia ai progetti riabilitativi condotti dall’associazionismo del nostro Paese impegnato, con rigore e passione educativa, nel complesso arcipelago dell’handicap.
Per concludere, Integrazione intende offrirsi da “occhiale” psicopedagogico per potere guardare e capire meglio il mondo dell’handicap ed, insieme, da “ferro del mestiere” per la valigetta ventiquattrore della professionalità-docente: di un insegnante capace di valorizzare le “diversità” e di predisporre un ambiente didattico che sappia dare di più a chi ha di meno.