La storia del protagonista, che spazia dalla quotidianità dei suoi impegni di lavoro alla ricerca del “tesoro”, diventa emblematica di un percorso interiore, teso alla propria definizione individuale di persona che vive sazia e disincantata del poco/molto che possiede, con la persuasione dell’estrema provvisorietà del contesto esistenziale. Uomo in pace con se stesso e con gli altri, non per questo rinuncia alle sue profonde convinzioni morali, che escludono all’origine ogni possibilità di compromesso. Non si può fare a meno di salutare con sollievo e speranza la comparsa di questo singolare personaggio che, contro la negatività e la superficialità, riporta alla ribalta l’aristocrazia della mente e la mitezza del cuore.
Il paesaggio dell’anima si accompagna a quello vagheggiato dell’arte : da Magritte fino al traguardo più pregnante delle “seggiole”, che squarciano la pagina scritta con il fendente illuminato e illuminante di un fulmine.
La narrazione segue passo dopo passo l’avventura del protagonista, con una cifra stilistica che si abbandona con leggerezza alla contemplazione e al ribaltamento di un’indagine tutta interiore, rifuggendo da imitazioni e ripetizioni e attingendo una sua concreta originalità. Siamo come di fronte a una clonazione del pensiero, dove la parola prevale sull’accadimento e diventa evocatrice di sensazioni, sentimenti, passioni e di una totale creatività sul filo dei ricordi e della fantasia:
“Sai cosa fece il Pensiero?”. “Piantò una piuma in terra e pensò che sarebbe cresciuta una gallina” (Seamus Heaney). Anche perché: “Tutto è immenso – nell’universo – il filo d’erba – se sei sdraiato – il cuore – se ami – la sofferenza – se ti fai cera – la gioia – se ti sollevi su tutto”.